mercoledì 20 giugno 2007

Ci sono anche uomini di Chiesa che sanno comprendere e accogliere


Mons. Domenico Sigalini, da qualche anno è vescovo di Palestrina. Ma prima ha girato tutta l'Italia con il Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile. Il messaggio che allego lo ha scritto per invitare i giovani a partecipare all'incontro di Loreto, 1-2 settembre 2007. Le sue parole mostrano la profonda conoscenza e l'amore che questo pastore ha per i giovani. Una volta tanto!
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Giovani che credono in modo nuovo, da testimoni.
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Sono giovani che non vanno collocati dentro una logica strumentale ai bisogni di una parrocchia, ma che sono provocati a verificare di continuo la qualità della propria esperienza di fede e non l’efficienza nell’assolvimento delle eventuali funzioni.
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Sono chiamati a farsi carico della non-fede di tanti loro amici: dell’esplicito rifiuto della fede, ma anche della fatica di credere, delle domande che molti rivolgono alla fede e alla vita.
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Sono giovani che si prendono carico della propria stessa fatica di credere e della rigenerazione della propria fede: ciascuno di loro per primo infatti ha bisogno di una cura nuova per la sua fede, di mettersi davanti al mistero del Signore e al Vangelo in modo nuovo, ritrovando il sapore della fede e delle parole con cui la esprime.
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In questa prospettiva allora la missione non è qualcosa di più o di diverso da fare; non sono in primo luogo nuove iniziative o nuove strategie, ma un modo nuovo di credere.
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Una fede che si comunica è qualitativamente diversa da quella destinata a rimanere nel chiuso della mia vita.
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Una fede che si comunica non sopporta compiacimenti narcisistici, ma ha al proprio interno, come tratto costitutivo, l’attenzione all’altro.
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Una fede che si comunica deve vigilare sul proprio carattere gratuito: “avete ricevuto gratuitamente, date gratuitamente…”.
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Occorre condividere per gratuità, vigilando sul rischio che la missione si trasformi in quell’esperienza mondana di portare gli altri dalla propria parte, di convincerli per rendere più forte il proprio punto di vista… .
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Una fede che si comunica si pensa sempre in relazione: all’altro, oltre che a Dio. Dunque una fede che fa i conti con le domande, con i bisogni, con i dubbi… dei nostri fratelli.
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Una fede che si comunica conosce la fatica della ricerca di pensieri, di categorie culturali, di parole… adatti a creare la relazione;
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... per rendersi comunicabile, si mette in relazione con le domande;

... e nel rispondere alle domande, si ridefinisce.
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Una fede che si comunica cresce con chi la interroga;
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... cresce con chi la condivide;
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... si fa più ricca con chi la pensa;
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si fa via via più capace di dire il cuore di Dio e un’umanità che si lascia illuminare dal Vangelo.
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Non annunciamo la fede che abbiamo, ma abbiamo la fede che annunciamo.

mercoledì 6 giugno 2007

Pastori con Dolcezza: l'autorità viene dalla vita vissuta


Ieri mattina ho avuto un'animata discussione su Skype.
La mia interlocutrice cercava di farmi capire che, pur avendo le migliori intenzioni, se non mi metto in stato d'ascolto e non faccio attenzione allo stato d'animo e al gradi di maturazione dell'altro, evitando l'atteggiamento di giudizio, la proposta di Gesù non trova accoglienza nel suo cuore.
Io ero preoccupato di non tradire il contenuto dell'annuncio: la Chiesa non è padrona del Vangelo,
ma serva. Non può togliere neppure uno "iota".
Lei voleva farmi capire l'importanza dell'attenzione al destinatario del messaggio.
Eravamo entrambi fermi ciascuno sull
a sua posizione. Poi, finalmente, ci siamo capiti. Se non ci si riesce, si sprofonda nell' incomunicabilità, si scavano dei solchi che, col tempo, diventano incolmabili. Chi ne paga le conseguenze, sono coloro che a causa di queste incomprensioni, si allontanano da Cristo.
Affidando alla Chiesa il suo
insegnamento ("Magistero") Gesù ci chiede di custodire la fede come egli ce l'ha trasmessa ("Tradizione") senza alterazioni. Ma il mondo cambia e la maniera di presentare la fede deve essere continuamente aggiornata per essere resa comprensibile agli uomini di oggi ("Inculturazione"). Il fascino del dialogo tra Chiesa e Mondo oggi sta proprio in questa tensione, che è fruuttuosa, perché permette ai discepoli di Gesù di continuare a lavare i piedi ai loro contemporanei.


Oggi ho riletto un brano di Gregorio Magno, un papa del VI secolo, del tempo delle invasioni dei Goti, che dice senza peli sulla lingua quale grande umanità si aspetta dai suoi pastori il Gregge di Cristo.

Non crudeli giudizi. Non violenza verbale. Non freddezza e indifferenza. Amore e tenerezza.
La Chiesa non finirà mai di crescere
nella maturazione di questi atteggiamenti, ma crescerà più in fretta se troverà interlocutori intelligenti e disponibili al dialogo, ai quali sta davvero a cuore il bene comune, e non il proprio interesse.
La differenza tra il Bel Pastore (Gv 10) e il mercenario è proprio questa. Il primo agisce mosso dall'amore. Questo invece è mosso solo dal vile interesse.

Leggi questo brano di Gregorio. Poi, se vuoi, posta un commento con le tue domande, riflessioni e esperienze. Ci sarà di grande utilità. Grazie.

d. Lucio


Dal «Commento al libro di Giobbe»
di san Gregorio Magno, papa

L'insegnamento delle persone arroganti ha questo di proprio, che esse non sanno esporre con umiltà quello che insegnano, e anche le cose giuste che conoscono, non riescono a comunicarle rettamente.
Quando insegnano danno l'impressione di ritenersi molto in alto e di guardare di là assai in basso verso gli ascoltatori, ai quali sembra vogliano far giungere non
tanto dei consigli, quanto dei comandi imperiosi.
Ben a ragione, dunque, il Signore dice a costoro per bocca del profeta: «Li avete guidati con crudeltà e violenza» (Ez 34, 4).
Comandano con durezza e violenza coloro che si danno premura non di correggere i loro sudditi, ragionando serenamente, ma di piegarli con imposizioni e ordini perentori.

Invece la vera scienza fugge di proposito con tanta più sollecitudine il vizio dell'orgoglio, quanto più energicamente perseguita con le frecciate delle sue parole lo stesso maestro della superbia. La vera scienza si guarda dal rendere omaggio con l'alterigia della vita a colui che vuole scacciare con i sacri discorsi dal cuore degli ascoltatori.

Al contrario, con le parole e con la vita si sforza d'inculcare l'umiltà, che è la maestra e la madre di tutte le virtù, e la predica ai discepoli della verità più con l'esempio che con le parole.
Perciò Paolo, rivolgendosi ai Tessalonicesi, quasi dimenticando la grandezza della sua dignità di apostolo, dice: «Ci siamo fatti bambini in mezzo a voi» (1 Ts 2, 7 Volgata).

Così l'apostolo Pietro raccomanda: «Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» e ammonisce che nell'insegnare vanno osservate certe regole, e soggiunge: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, e con una retta coscienza» (1 Pt 3, 15-16).
Quando poi Paolo dice al suo discepolo: «Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità» (Tt 2, 15), non chiede un atteggiamento autoritario, ma piuttosto l'autorità della vita vissuta.

Si insegna infatti con autorità, quando prima si fa e poi si dice.

Si sottrae credibilità all'insegnamento, quando la coscienza impaccia la lingua. Perciò è assai raccomandabile la santità della vita che accredita veramente chi parla molto più dell'elevatezza del discorso.
Anche del Signore è scritto: «Egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mt 7, 29). Egli solo parlò con vera autorità in modo tanto singolare ed eminente, perché non commise mai, per debolezza, nessuna azione malvagia. Ebbe dalla potenza della divinità ciò che diede a noi attraverso l'innocenza della sua umanità.

(Commento a Giobbe, Lib. 23, 23-24; PL 76, 265-266)




sabato 26 maggio 2007

Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nell'amore.



Da sempre Accoglienza amorosa e Indifferenza ostile
si affrontano nel cammino della Chiesa: tu da che parte stai?

L'autore di questa Lettera, che la tradizione identifica con Giovanni, autore del Quarto Vangelo, scrive al suo amico Gaio. Per lui "verità" (alêtheia) e "amore" (agapê) sono due facce di una stessa medaglia. Scrive "verità" ma intende "amore".
Giovanni si rallegra con Gaio per l'accoglienza fattiva che lui ha riservato ai fratelli venuti da fuori, mentre si rattrista per l'atteggiamento ostile di Diòtrefe, che non contento, si permette pure di criticare quelli che fanno del bene.
Quello che fa male oggi, è vedere che l'attenzione alla qualità dell'accoglienza nella Chiesa è un discorso da riprendere imitando Giovanni, che rimprovera Diòtrefe senza compromessi. Rispetto a 20 secoli fa, ci troviamo sicuramente più indietro rispetto allo zelo dell'Apostolo, che usa la sua autorità per fargli cambiare atteggiamento e condurlo dall'ostilità e dalla sterile critica all'accoglienza fattiva e amorosa.
Prendersi cura del gregge significa anche vegliare sui pastori. Ma chi lo fa oggi?
Siamo stanchi di una chiesa morta, autoreferenziale, che non è quella pensata da Gesù e testimoniata da Giovanni. L'intento di questo blog è quello di condurre i pastori, chierici e laici, a capire che non ci sono alternative ad una chiesa accogliente. Lamentarsi non serve. E allora, come fare? Ti invito a meditare lo scritto di Giovanni, e poi a scrivere le tue esperienze, i tuoi suggerimenti, le tue aspettative, e man mano che si aggiungeranno potrai vedere i commenti degli altri. Così costruiremo il nostro "sogno di chiesa" . Clicca su "COMMENTI".

Terza Lettera di Giovanni

[1] Io, il presbitero, al carissimo Gaio, che amo nella verità.

[2] Carissimo, faccio voti che tutto vada bene e che tu sia in buona salute, come va bene per la tua anima.

[3] Molto infatti mi sono rallegrato quando sono giunti alcuni fratelli e hanno reso testimonianza che tu sei autentico perché tu cammini nella verità.

[4] Non ho gioia più grande di questa, sapere che i miei figli camminano nella verità.

[5] Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. [6] Essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa, e farai bene a provvederli nel viaggio in modo degno di Dio, [7] perché sono partiti per amore del nome di Cristo, senza accettare nulla dai pagani. [8] Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone per cooperare alla diffusione della verità.

[9] Ho scritto qualche parola alla Chiesa ma Diòtrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole accogliere. [10] Per questo, quando verrò, gli rinfaccerò le cose che va facendo sparlando contro di noi con voci maligne. Non contento di questo, non riceve personalmente i fratelli e impedisce di farlo a quelli che lo vorrebbero e li scaccia dalla Chiesa.

[11] Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha veduto Dio.

[12] Quanto a Demetrio, tutti gli rendono testimonianza, anche la stessa verità; anche noi ne diamo testimonianza e tu sai che la nostra testimonianza è veritiera.

[13] Molte cose avrei da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna.

[14] Spero però di vederti presto e parleremo a viva voce.
[15] La pace sia con te.
Gli amici ti salutano.
Saluta gli amici ad uno ad uno.

lunedì 14 maggio 2007

Impariamo da Paolo Apostolo (Efesini 2,19-22)

Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.


Né stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio (Ef 2,19).

Se questa è pure la tua convinzione circa il modo giusto di vivere nella Chiesa, ti prego di rispondere al Questionario che è in questo blog. Così facendo, mi aiuterai a combattere il disagio di tutti quei giovani che nella chiesa si sentono ancora stranieri (peggio degli extracomunitari) e ospiti, e non sono ancora a loro agio.

Quando avrò raccolto dati a sufficienza, pubblicherò un LIBRO BIANCO, che sarà fin troppo eloquente e indicherà quali sono le strade da seguire perché il tempio di Dio diventi sempre più anche la casa comune di tutti i credenti.



Potrai postare le tue risposte come "commento" in questo blog (per farlo puoi registrarti gratuitamente su Google mail, che offre un ottimo servizio, puoi assumere un nome di fantasia cliccando su "Altro" o restare anonimo ) - oppure inviarle con una mail al mio indirizzo luciosembrano@gmail.com e provvederò a postarle in questo blog io stesso.

Se vuoi scaricare il questionario in .pdf clicca sul link seguente:
http://www.snapdrive.net/files/438135/Questionario.pdf




Se vuoi prendere visione delle risposte finora pervenute, clicca sul link seguente:
http://www.snapdrive.net/files/438135/commenti.pdf

don Lucio


domenica 13 maggio 2007

Sondaggio per una Chiesa più accogliente


DESCRIZIONE DEL SONDAGGIO NAZIONALE IARD


Il sondaggio nazionale

E' stato pubblicato nei mesi scorsi un sondaggio che prende in esame la realtà giovanile (18-45 anni!) in Italia.
Ecco i dati bibliografici, se vuoi leggerlo: R. Grassi (cur.),
Giovani, religione e vita quotidiana. Un'indagine dell'Istituto IARD per il Centro di Orientamento Pastorale, Il Mulino, Bologna novembre 2006, euro 20.

Una cosa che mi ha sorpreso, perché non era così quando ho avuto 18 anni io, è che le famiglie non esercitano più alcuna pressione sui giovani perché conquistino la propria autonomia e sono disposti a tenerseli in casa anche fino a 35-40 anni, quando finiscono gli studi, trovano un lavoro e magari si sposano e formano una propria famiglia. Un'altra cosa altrettanto interessante è che i giovani dichiarano di avere fiducia in se stessi, si trovano a proprio agio nel mondo di oggi e non manifestano una considerevole angoscia nei confronti delle sfide poste dalla situazione italiana a tutti i livelli.

Il sondaggio prende in esame, in particolare, la relazione con la Chiesa. Dai dati riportati emerge una cosa che è sotto gli occhi di tutti da sempre.
Tra l'adolescenza e la prima giovinezza, generalizzando tra i 18 e 21 anni, ma a volte un po' prima o un po' dopo, per tutti INIZIA una crisi di allontanamento dalla pratica della parrocchia. E' un po' una stagione di confusione e di crescita, in cui si mettono in discussione i valori ricevuti dalla famiglia (per i fortunati che li hanno ricevuti!) e si ricerca una propria autonomia, o semplicemente si ha voglia di gustarsi la libertà o l'indipendenza, e si vorrebbe vivere come si vuole senza dover dare troppo conto agli altri, agli adulti in particolare.

Questa crisi FINISCE più tardi (generalizzando tra i 28-31 anni), in genere quando si concludono gli studi universitari, si trova un lavoro, o ci si pone il problema della scelta di vita, per cui ci si affaccia su un altro mondo di problemi. In tutto questo periodo - sostengono i dati del sondaggio - da parte dei giovani c'è un atteggiamento di GRANDE FIDUCIA nei confronti delle istituzioni ecclesiali cattoliche e loro annessi (parrocchie e diocesi, associazioni movimenti gruppi). Stanno a guardare, non hanno liquidato la questione della fede e dell'appartenenza ecclesiale.

Poi, però, solo una piccola parte dei giovani ritorna ad una vita ecclesiale regolare. Altri prendono altre strade, e non passano più per la chiesa (se non di rado per occasioni sociali, come le prime comunioni, i matrimoni, ecc.), e questo è, in genere, il segno che quella fiducia posta nella chiesa non è stata intercettata, i SEGNALI lanciati da quel giovane o da quella ragazza NON sono stati RECEPITI dagli operatori ecclesiali o non in modo abbastanza soddisfacente perché la persona si reinserisca nel contesto ecclesiale come giovane adulto.

Apprendere questo mi ha fatto stare molto male - anche se è una cosa che si sa, ma non pensavo che le dimensioni toccassero l'80% della gioventù che esce dalle parrocchie, pensavo a una frangia più marginale. I parroci non se ne accorgono, perché quelli che escono vengono sostituiti da quelli che salgono dopo la prima comunione la cresima, ecc, e il calo della frequenza viene avvertito in modo più lieve, o ritenuto quasi fisiologico. Raramente un prete si chiede: ma dov'è finito questo o quell'altro? Come mai non frequenta più la chiesa? Lo fa, distrattamente, quando lo incontra casualmente per strada, ma quasi mai - eccettuate alcune limitate iniziative di associazioni ecclesiali - è la parrocchia che pensa a organizzare delle strategie per manifestare interesse verso i giovani in crisi. E' un dato di fatto: il giovane ti firma un assegno con la data in bianco, è già intestato a te, parroco o vescovo. Hai circa un decennio per presentarlo in banca ed incassare la fiducia del giovane, e invece tu lasci perdere, fin quando lui straccia l'assegno. E' una realtà clamorosa, raccontata così, ma fa pensare.


IL QUESTIONARIO PERSONALE

L'idea del questionario.

Per capire meglio dove, come, se e quando effettivamente le cose stanno così - perché sulle cause o sulle circostanze dell'evoluzione della crisi il sondaggio IARD non dice nulla, limitandosi ad affermare che le cose stanno così - chiedo aiuto a voi che siete miei amici, pregandovi di rispondere alle domande seguenti - se avete vissuto o state vivendo la situazione che ho appena descritto - e di restituirmi le risposte per posta elettronica a un indirizzo mail che mi sono creato apposta:

luciosembrano@gmail.com

Lo scopo, mi pare chiaro, è quello di aiutare me e le altre persone, soprattutto i sacerdoti e i responsabili laici della Pastorale Giovanile - che vorranno prendere in considerazione i risultati che mi fornirete, e che non avranno paura di fare autocritica, ma anzi accoglieranno con gratitudine questo lavoro - a capire come ciò accada per trovare delle soluzioni più adeguate al problema macroscopico dell'allontanamento dei giovani. Se ci riusciamo, questo porterà grandi vantaggi per tutti, sia per i giovani, che per i responsabili ecclesiali ad ogni livello.
Pensate se riuscissi a farlo arrivare a tutte le parrocchie italiane! Ho a disposizione il Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile che mi aiuterebbe nella pubblicazione dei dati, se questi fossero significativi quanto al numero e all'interesse delle risposte.
I dati che raccoglierò compariranno unicamente nel sondaggio e non avranno alcuna diffusione a fine commerciale. Li raccoglierò solo io. Perciò potete stare tranquilli ai fini della privacy. Io non divulgherò gli indirizzi mail e chi li leggerà il vostro racconto non sarà in grado di conoscere la vostra identità personale.

Potrete imbucare le vostre risposte come "commento" su questo blog - potete farlo in modo anonimo o cliccando su "altro" e inserendo il vostro nome di fantasia - oppure inviarmele per email a luciosembrano@gmail.com e io le incollerò per voi sul blog in modo che siano accessibili a tutti.


I QUESITI AI QUALI TI CHIEDO DI RISPONDERE

Per scaricare il file con le domande in formato pdf clicca sul link seguente:

http://www.snapdrive.net/files/438135/Questionario.pdf


Hai già letto l'introduzione. Sei a metà del percorso. Oltre le indicazioni anagrafiche, utili ai fini statistici, ti chiedo di raccontare come ha avuto inizio e come si è evoluta la "crisi", se ancora perdura o ha avuto termine e in che modo.
Sono queste le indicazioni più utili per illuminare chi ha le mani in pasta.

A. PARTE ANAGRAFICA
Un nome di fantasia:
Età:
Sesso:
Provincia di nascita:
Provincia di attuale residenza:

Questi dati hanno una certa importanza per capire l'incidenza della famiglia. Indica:
se sei figlio/a unico/a o se hai altri fratelli,
se sei il primo/a o in ordine
quanti fratelli o sorelle ci sono prima o dopo di te.
I tuoi genitori sono:
sposati in chiesa
sposati civilmente
separati/divorziati
conviventi
vivo solo con papà
vivo solo con mamma
ho una famiglia adottiva
Vivo da solo da quando avevo n. anni
altro:


B. L'INIZIO DELLA CRISI


Hai mai messo in discussione la tua adesione personale ai valori ecclesiali?
Se si, quando è avvenuto in modo serio e ragionato? Che età avevi, frequentavi una parrocchia e, nella parrocchia, un gruppo ecclesiale (AC, ACR, Rinnovamento, Comunità Neocatecumenale, SCOUT, altro...)?
Chi erano le tue persone di riferimento: parroco, vice-parroco, altro sacerdote, animatore o responsabile laico/a del gruppo?
C'è stato un episodio o un momento, che puoi raccontare, che ha fatto un po' cedere le tue convinzioni, o l'allontanamento è avvenuto gradualmente e in modo impercettibile?
Quando ti sei allontanato, lo hai fatto da solo, o insieme con altri?
Stavi con qualcuno/a? Il tuo partner frequentava la chiesa? Se si, come ha reagito? Ha continuato o si è allontanato con te?


C. L'ESPERIENZA DELLA CRISI


Quando hai preso coscienza che ti stavi allontanando - o che eri già lontana/o - che cosa hai fatto? Hai cercato di riflettere da sola, hai chiesto aiuto a qualcuno, o qualcuno spontaneamente ti ha offerto aiuto e tu lo hai accettato?
Le persone che ti sono state accanto in questo tempo appartenevano in qualche modo alla chiesa, facevano parte del tuo "giro" di amici fuori della chiesa (scuola, università, circolo sportivo, strada, bar)?
Racconta i momenti significativi del periodo della lontananza e gli stati d'animo che hai vissuto e ogni altra cosa che ritieni che possa servire a capire che cosa prova un/a ragazzo o un giovane che non va più in chiesa o che cosa possa spingere a farlo.
Se la lontananza ancora perdura, spiega perché la questione è ancora aperta per te, che cosa ti aspetti dalla chiesa - che cosa vorresti trovarvi per poter tornare e sentirti a tuo agio per una partecipazione attiva e consapevole.


D. LA FINE DELLA CRISI


Secondo il sondaggio IARD, la crisi si risolve quando la persona decide di tornare a frequentare la chiesa o quando decide di prendere altre strade e la questione dell'appartenenza ecclesiale non gli interessa più (nella metafora che ho usato "straccia l'assegno" nel senso che non da più credito all'esperienza ecclesiale o la ritiene ormai ininfluente nella propria scala di valori).

Per chi sente il suo abbandono come definitivo:

Che cosa ti ha portato a chiudere il capitolo? si tratta di scelte di vita diverse o in contrasto coi valori ecclesiali? Situazioni nuove di lavoro o personali a causa delle quali semplicemente non ti poni più il problema dell'appartenenza ecclesiale? L'indifferenza che è cresciuta al punto da renderti insensibile o inerte? Hai maturato credenze diverse? Ateismo? Agnosticismo? Materialismo? Altro? Hai attraversato delle esperienze che ti hanno fatto perdere la stima di te stesso/a (droga, esperienze affettive o sessuali negative, aborto,..)
Se te la senti, puoi raccontare un episodio, un incontro, uno scontro o una situazione che ha inciso in modo fondamentale nello spingerti ad "archiviare" il problema. Ti ricordo che tutto ciò rimane completamente anonimo: quello che interessa è l'esperienza, non sapere chi l'ha vissuta.
Se poi vuoi aiuto o consiglio, contattami con un messaggio email a parte e sarò a tua disposizione nella misura in cui ne sono capace e Dio me ne darà la grazia.

Per chi ha optato per il rientro:

Che età avevi quando hai dichiarato finita la crisi e sei rientrato/a nella chiesa? E' cambiata la tua consapevolezza? Sei diventato più attivo e partecipi anche a un cammino di formazione permanente per giovani e adulti? Fai del volontariato cristiano?
Quanto incide la scelta di fede nei tuoi comportamenti quotidiani, nel campo della giustizia sociale (paghi le tasse, sei onesto diligente e rispettoso sul lavoro, metti il casco quando vai in motocicletta, rispetti il codice della strada, ecc.), nel campo della morale personale, coniugale e familiare (fedeltà coniugale, apertura alla vita, educazione cristiana dei figli, ecc.). Oppure ti limiti ad andare a messa e "frequentare la chiesa"? In tal caso, ci vai tutte le domeniche, saltuariamente, o solo nelle grandi feste a Natale e magari a Pasqua. Scusa se ti faccio il terzo grado, ma questo mi aiuta a valutare se c'è stato dopo il rientro un SALTO in AVANTI nella maturazione di fede e nella COERENZA di vita cristiana. Ti sono grato se risponderai con precisione.
Puoi dirmi che cosa ti ha spinto a prendere la decisione di rientrare nella Chiesa? un fatto speciale della vita, la partecipazione a un evento, un ritiro, un pellegrinaggio, uno degli incontri organizzati per i giovani, una conversazione con qualcuno che ti ha fatto riflettere? Era un prete, un laico, una suora? O è stato un processo graduale, che ti ha spinto pian piano a ritornare sui tuoi passi? Ancora una volta ti dico grazie per la risposta.
Da quando sei rientrato/a pensi di aver continuato a camminare, sei contento/a dei passi che stai facendo? Che cosa vorresti cambiare nella chiesa, sia in te che negli altri che incontri, perché sia più famiglia di Dio, casa e scuola di comunione, dove si vive la fraternità e si sperimenta la forza dell'amore?
Hai trovato dei "compagni di viaggio significativi" che ti aiutano a tenere la rotta senza smarrirti nella vita? Puoi dire chi sono le tue persone di riferimento: sacerdote/i, laici, suore, amici, il partner,..


RINGRAZIAMENTI


Voglio dire grazie a chi è arrivato fin qui e come me crede che cambiare è possibile e non si da per vinto di fronte alle difficoltà.
In fondo, è lo stesso amore per la vita che unisce credenti e non credenti e, spesso, ho trovato più purezza in quelli che non praticano la chiesa che in chi la frequenta, a partire da noi sacerdoti. Non sto invitando all'abbandono, è chiaro, ma voglio mettere in guardia dal rischio del fariseismo, di una religione dell'apparenza e del perbenismo.
Spero che questo piccolo seme che abbiamo gettato insieme faccia riflettere tante persone su che cosa è necessario cambiare per rispondere alle aspettative legittime dei giovani. Voi non chiedete la luna, lo so, ma attorno c'è freddezza e più spirito mercantile che entusiasmo apostolico e voglia di condivisione. E allora, animo! Non diamoci pace, fin quando il sogno di Gesù non sarà realizzato, anche a prezzo di portare un po' di scompiglio nella vita delle persone e delle comunità, se questo servirà a fare chiarezza e trovare una strada nuova: "Credete che sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, piuttosto la divisione" (Lc 12,51). Ciao a tutti, e ancora grazie.


don Lucio